Nell’intervento educativo speciale purtroppo siamo costretti a rivolgerci anche ai cosiddetti comportamenti problematici. I comportamenti problematici sono tutti quelli che, per una ragione o per l’altra, creano problemi e difficoltà alla persona stessa o nella relazione tra lui e il suo ambiente.
Non si può affrontare l’argomento del “come trattare i comportamenti problema” dando per scontato e condiviso tra tutti il significato preciso di “comportamento problema”, anche se, intuitivamente, perfino chi è stato in relazione con persone con ritardo mentale solo per poche ore può ritenere di conoscere a fondo questi aspetti del loro comportamento.
I comportamenti problema possono assumere le forme più disparate e strane, anche se ne esistono di tipiche e ricorrenti. Alla base della definizione di “comportamento problema” c’è un vissuto di disagio, preoccupazione, difficoltà o paura da parte dell’educatore o del genitore, dovuto a qualcosa che fa la persona disabile. Quest’ultimo emette dei comportamenti strani, diversi da quelli che ci aspettiamo, comportamenti che viviamo, appunto, con disagio. Possono essere comportamenti problema estremi, come gli atti autolesionistici, che provocano danni e lesioni alla persona stessa: mordersi le mani, le braccia, picchiarsi, battere contro i mobili, strapparsi i capelli, oppure forme come ad esempio l’iperventilazione o crisi di apnea, ecc.
Un tipo di comportamento-problema molto diffuso, è la stereotipia, e cioè l’emettere ripetitivamente, per lunghi periodi di tempo, dei comportamenti irrilevanti, come agitare le mani, dondolarsi ritmicamente, ciondolare il capo, girare su se stessi, manipolare oggetti e pezzetti di carta o plastica, e tanti altri comportamenti simili. In questi casi, il comportamento in sé non crea danni o lesioni accertabili alla persona stessa o ad altri individui o cose, ma in genere lo si ritiene ugualmente problematico.
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